“La linea del fronte” Documentario sull’evoluzione del potenziale missilistico della Repubblica Islamica dell’Iran

HASSAN TEHRANI MOGHADDAM

 

Su You Tube mi sono imbattuto in un interessante documentario, mandato in onda su uno dei canali della tv pubblica iraniana, riguardo all’evoluzione del potenziale missilistico delle forze armate iraniane dopo la Rivoluzione islamica del 1979. Di seguito trovate il link del video della terza parte (in lingua persiana) e il testo tradotto in italiano di tutto il documentario.  


“Khatte moghaddam” (La linea del fronte)

 

Resoconto completo del documentario:


21 del mese persiano di Esfand, 1363 (12 marzo 1985) ore 3:21 del mattino, in una zona a nord di Eslam Abad (Iran occidentale). Viene lanciato il primo missile iraniano in territorio iracheno (Siamo in pieno conflitto Iran-Iraq, iniziato nel settembre 1980). Il silenzio di una fredda notte invernale viene rotto dal boato del lancio di un grande missile di 11 metri. Forse nemmeno la persona più ottimista quel mattino poteva prevedere che ciò era solo l’inizio della storia della capacità missilistica della Repubblica Islamica dell’Iran lungo i successivi 30 anni, una storia che continua ancora oggi.

La guerra si caratterizza sino a quel momento per gli intensi bombardamenti iracheni sulle città iraniane di confine, come Dezful, Ahvaz e Abadan, dove gli obiettivi erano spesso le zone residenziali.   

L’Iran risponde bombardando, nella suddetta mattinata del 12 marzo, per la prima volta il territorio iracheno, in particolare la zona industriale di Kirkuk, nel nord del paese arabo. E’ il primo missile di media gittata terra-terra usato dagli iraniani in questo conflitto. Gli iracheni sono colti di sorpresa in quanto sino a quel momento gli iraniani non avevano dato segnali di essere in possesso di tale tipo di armamento. Inizialmente il governo di Saddam nega l’attacco missilistico.

Gli iracheni non credevano ai loro occhi; erano certi che gli iraniani non erano in possesso di tali missili. Gli iraniani, secondo Saddam, dovevano o produrre autonomamente questi missili, cosa inverosimile, o dovevano aver acquistato i missili da qualcuno. Ma acquistare missili non è una barzelletta, i servizi di sicurezza se ne sarebbero accorti. I missili o si compravano dagli americani, o dai russi. Ma ammesso e non concesso che fossero stati comprati dai russi, sicuramente gli iracheni, tramite le autorità sovietiche, sarebbero stati informati. Inizialmente gli iracheni negarono l’attacco missilistico, e dissero che erano state quinte colonne degli iraniani a far esplodere delle bombe negli impianti industriali e petroliferi di Kirkuk.

Gli iraniani (il racconto è riportato da esperti militari iraniani) si aspettavano che l’attacco missilistico di Kirkuk potesse in qualche modo mettere in guardia gli iracheni, sperando così di far terminare a Saddam il bombardamento dei grandi centri abitati iraniani, ma ciò non fu sufficiente e gli iracheni continuarono le operazioni. Due giorni dopo il primo attacco missilistico iraniano in territorio iracheno allora (14 marzo 1985 alle 2 del mattino), le forze armate iraniane decisero di colpire con un altro missile Baghdad, grazie ad un sistema molto rudimentale e con l’ausilio di cartine disegnate a mano. Il missile centrò la sede di una banca della capitale irachena, dove secondo gli iraniani vi erano delle centrali importanti dell’intelligence di Saddam. Ma gli iracheni negarono ancora l’attacco missilistico, dicendo che si trattava di un’altra bomba, esplosa nell’ascensore del palazzo. Nonostante ciò la comunità internazionale si rese conto del nuovo potenziale missilistico iraniano. Per far comprendere le proprie intenzioni in modo ancora più incisivo gli iraniani proseguono con i lanci dei missili. 4 giorni dopo il primo lancio, parte un nuovo missile, alle 6 del mattino. 5 giorni dopo il primo lancio a mezzogiorno parte il quarto missile. Un missile iraniano colpisce una importante base militare, mentre gli altri sfiorano alcuni palazzi personali di Saddam. Gli iracheni ammettono che a colpire Baghdad non sono bombe, ma missili lanciati da territorio iraniano. E’ la prima volta che gli iraniani colpiscono una distanza di 145-150 km oltre la linea del fronte e oltre le prime linee di combattimento. Gli iracheni sono costretti, almeno momentaneamente, a fermare i bombardamenti delle città iraniane. La forza dissuasiva dei missili a media gittata dell’Iran sortisce il primo risultato positivo. L’effetto è talmente dirompente che fino all’autunno 1986 gli iracheni evitano di eseguire importanti bombardamenti nei centri abitati iraniani. Inoltre, le operazioni missilistiche iraniane avevano avuto l’effetto di diminuire le perdite iraniane nelle città; basti pensare ai bombardamenti chimici di Saddam in territorio iracheno per riprendere le posizioni perse. Senza la forza di deterrenza dei missili iraniani tali tragedie potevano verificarsi anche in territorio iraniano, portando ad una catastrofe umanitaria.

Il padre del progetto missilistico iraniano può essere considerato Hassan Tehrani Moghaddam, militare, che insieme ad alcuni collaboratori, iniziò per prima a lavorare alla produzione di sistemi Katiusha rudimentali autoctoni, per poi concentrarsi su progetti più complessi. Egli, oltre ad essere un militare esperto, nonostante la giovane età, era anche uno scienziato attento ai particolari e nonostante l’assenza in Iran di una tecnologia militare sufficiente nel campo missilistico, ci teneva a educare i suoi collaboratori e a impegnarsi sulla via della conoscenza militare, anche attraverso una metodologia semplice e spartana.

Uno dei metodi prediletti era quello di studiare i missili che cadevano in Iran, oppure applicare delle conoscenze acquisite in altri settori militari, come quello delle mine in mare, e applicarle ai missili, nel limite del possibile. Inoltre gli iraniani avevano passato dei periodi di addestramento in Siria, e riuscivano ad avere dei rifornimenti missilistici dalla Libia. Uno dei carichi di missili che giunsero dal paese africano, fu molto importante nella fondazione di una industria iraniana autoctona. In particolare gli iraniani scelsero due missili provenienti dalla Libia come modelli di studio, da copiare a da riprodurre, sotto la direzione vigile di Hassan Tehrani Moghaddam.

Il progettò partì in modo del tutto primitivo, vi erano due stanze di 12 metri, qualche sedia, qualche tavolo, un budget irrisorio (1 milione di toman, circa 140000 dollari). Il Presidente iraniano di allora, Khamenei, personalmente volle sincerarsi dello sviluppo del programma, visitando il centro di ricerca delle forze armate. Nel frattempo gli sviluppi procedevano a ranghi serrati e gli iracheni avevano compreso i progetti iraniani volti allo sviluppo di un sistema missilistico iraniano autoctono. Per cui, grazie alla collaborazione di loro agenti infiltrati, compresero l’esistenza di un centro di ricerca missilistico, con personale e macchinari al seguito. Saddam diede l’ordine di colpire tale base, ma gli iraniani riuscirono in tempo a capire le intenzioni dell’Iraq, facendo sgomberare la base. Nell’autunno del 1986 a Kermanshah gli iraniani catturano una spia irachena che ammette l’esistenza del progetto volto alla distruzione del centro di ricerca missilistico degli iraniani. Nel giro di poco tempo 36 aerei iracheni bombardano l’obiettivo, distruggendo completamente la base; ma gli edifici sono vuoti, in quanto il personale e il materia sensibile è stato già evacuato. Successivamente, per vendicarsi, gli iraniani lanciarono dei missili in territorio iracheno proprio dal luogo della base distrutta.

Il programma missilistico iraniano quindi non si fermò, e costrinse le grandi potenze d’occidente e d’oriente, insieme ai paesi reazionari della regione mediorientale, a iniziare una serie di pressioni sulla Libia di Gheddafi per interrompere la collaborazione missilistica con l’Iran. Le pressioni sortirono un effetto devastante per gli iraniani; i libici smisero di collaborare e portarono via dall’Iran alcuni pezzi di ricambio sensibili che gli iraniani non erano in grado di produrre. Gli iracheni approfittarono della situazione e ricominciarono a bombardare i grandi centri abitati iraniani, dopo l’autunno del 1986, senza che gli iraniani avessero l’opportunità di rispondere, come avevano fatto dal 1985 in poi.


Ormai i libici avevano ricevuto l'ordine di non aiutare più gli iraniani e nonostante gli sforzi diplomatici di Tehran, i consiglieri libici non collaborarono più al progetto missilistico iraniano. I militari iraniani allora furono costretti a riprendere in mano il progetto da soli, utilizzando il personale indigeno, una parte del quale, senza dire niente ai libici, aveva ricevuto un addestramento in Siria. Gli iraniani addestrati in Siria, grazie agli studi fatti nel centro di ricerca missilistico di Tehrani Moghaddam, cercarono in tutti i modi di riprendere il lancio di missili in Iraq, anche perché Saddam aveva ripreso a bombardare le città iraniane. Ma gli esperti iraniani che nel dicembre 1986 presero in mano la situazione senza il supporto libico, si trovarono con degli enormi problemi: in primo luogo le macchine erano state sabotate (forse dai libici stessi prima di partire), d'altro canto non si avevano, fino a quel momento, i pezzi di ricambio e la conoscenza necessaria per far funzionare le piattaforme di lancio e i missili stessi. I libici dissero a Gheddafi di aver sabotato in tal modo le macchine di lancio che loro stessi non erano più in grado, anche se lo avessero voluto in futuro, di riattivarle, e gli iracheni erano al corrente di ciò.

Tanto è vero che Saddam in persona si presentò in televisione con il Corano in una mano, e della terra nell'altra mano, dicendo: "Giuro - per i musulmani - su questo Corano, e giuro - per i non musulmani - sulla terra di questo paese, che gli iraniani non riusciranno mai più a colpire il nostro paese coi loro missili."

Tehrani Moghaddam per cercare di risolvere i problemi, richiamò la squadra che aveva incaricato di sviluppare delle ricerche prendendo spunto dai due missili libici prelevati per lo studio.

Grazie alle loro ricerche questi giovani scienziati riuscirono a dare una mano decisiva per far rimettere in moto il sistema missilistico iraniano, senza il supporto libico. Nel giro di 17 giorni dall'inizio del ripristino del sistema missilistico dopo l'abbandono libico, gli iraniani nel mese di gennaio del 1987 riuscirono a riparare i danni e a rimettere in moto i missili. L'11 gennaio 1987 alle 6 del mattino fu lanciato il primo missile terra-terra a media gittata per mano esclusiva di personale iraniano verso Baghdad, colpendo la capitale irachena: un altro momento di svolta, dopo la fatidica data del marzo 1985.

Quando il lancio è stato eseguito con successo - e  ad esso sono seguiti altri lanci - l'allora capo dei Pasdaran, Mohsen Rezaei, mandò una epistola alla Guida della Rivoluzione islamica, l'Imam Khomeini. In tale lettera egli spiegava la situazione generale, dicendo che i libici avevano tradito i patti e si erano rifiutati di collaborare ad altri lanci, rifugiandosi nella propria Ambasciata a Teheran, sabotando le macchine di lancio e portando via dei pezzi sensibili, probabilmente in collaborazione coi sovietici. Rezaei spiegava inoltre che i libici erano stati informati del fatto che nel giro di 17 giorni i lanci erano ripresi grazie agli sforzi dei tecnici iraniani. La risposta libica sarebbe stata di sconcerto; secondo gli africani era impossibile una cosa del genere e secondo loro probabilmente i russi avevano mandato dei tecnici per far funzionare i missili, in quanto per imparare a usare quella tecnologia ci volevano anni di addestramento.

In ogni caso il lancio dei missili riprese grazie allo sforzo indipendente degli iraniani. Il problema era però che ormai i missili comprati dalla Libia stavano per terminare; ne erano rimasti solo due, per cui gli iraniani, che erano in contatto coi nord-coreani per altri affari, decisero di recarsi in Corea del Nord per comprare dei missili Scud. I coreani dopo dei tentennamenti accettarono, e diedero 8 missili agli iraniani, i quali cosi avevano un arsenale di 10 missili in tutto (!!!).

Divertente il racconto che fa Tehrani Moghaddam del viaggio in Corea e degli strani usi della dirigenza coreana per accogliere gli ospiti stranieri. Moghaddam racconta di essere stato ricevuto in un salone enorme e prima di entrare di essere stato informato che non bisogna guardare il leader coreano in faccia. Dopo che si erano aperte le porte della sala riunioni, una musica assordante e delle luci accecanti avevano accolto gli iraniani. Moghaddam dice che al leader coreano fu donato un prezioso tappeto persiano con un pavone disegnato al centro.

La dirigenza coreana fu colpita in positivo e decise di collaborare al progetto. Moghaddam ricorda che la sala dove furono ricevuti era cosi grande che, se si mettevano due porte ai lati della sala, si poteva anche giocare una partita di calcio.

Il progetto iraniano continuava a svilupparsi, anche se per via del poco tempo e della poca preparazione, alcuni tentativi non andavano a buon fine.

Tra alti e bassi però il programma missilistico iraniano sotto la supervisione del giovane Pasdar Tehrani Moghaddam andava avanti, con delle visite anche da parte di alti funzionari, come il Presidente della Repubblica Khamenei. Si arriva così al 1988; ma accade un imprevisto, ovvero un improvviso attacco iracheno a Teheran a pochi giorni dal capodanno iraniano (che si celebra ogni 21 marzo). Un boato si alza dalla zona della centrale Piazza 7 Tir. Poco dopo si ha un'altra grande esplosione in Via Repubblica (Khiabane Jomhuri). Il problema è che in cielo non ci sono aerei. Si scopre che gli iracheni sono riusciti ad ottenere per la prima volta dal 1980 missili in grado di colpire Teheran dal territorio iracheno, ovvero missili capaci di percorrere anche 600 km, in pratica - i missili erano stati denominati Al Hussain - una evoluzione di vecchi missili in dotazione agli iracheni, che con l'aiuto di tecnici sovietici ed europei, con delle modifiche, avevano ottenuto minore potenza ma maggiore gittata.

Siamo ormai nella parte finale del conflitto Iran-Iraq, e le parti svelano le armi più micidiali che hanno a disposizione. L'attacco del marzo 1988 a Teheran è scioccante per gli iraniani. Baghdad era vicina al confine con l'Iran, per cui era facile (relativamente) da colpire con missili a media gittata terra-terra, mentre Teheran era a centinaia di km dal confine iracheno.

Il missile iracheno era una evoluzione degli Scud B, era stato alleggerito per poter percorrere più km, era stato indebolito, dal punto di vista tecnico aveva molti difetti, era impreciso, spesso esplodeva in volo, ma in ogni caso, visto che colpiva grandi città lontano dal confine e dalle zone desertiche, qualche abitazione l'avrebbe in ogni caso danneggiata. Gli iracheni in quel periodo, grazie a tali missili, nel marzo 1988, colpiscono città come Teheran, Qom, Isfahan, Shiraz ecc., gettando nel panico milioni di iraniani che sino a quel momento avevano vissuto la guerra solo indirettamente o sporadicamente. Si contano attraverso questo metodo più di cento attacchi iracheni nel giro di poche settimane nei grandi centri abitati dell'Iran centrale, fatto mai accaduto prima, in otto anni di guerra.

Per questi attacchi però gli iracheni dovevano lanciare i propri missili dalle zone limitrofe al confine iraniano, per essere più vicini possibile ai bersagli lontani. Facendo ciò gli iraniani rispondevano con razzi e missili con gittata di poche decine di km, colpendo le postazioni di lancio dell'Iraq.

Gli attacchi iracheni in questa fase durano 50 giorni, con oltre cento missili lanciati, mentre gli iraniani rispondono con una cinquantina di missili, mentre in tutta la guerra sino a quel momento avevano lanciato 37 missili (in otto anni circa). Gli iraniani bombardano Baghdad, Tikrit, Kirkuk e Mousul.

Importante sottolineare come il progetto iraniano andava avanti principalmente per via dello sforzo di 17 persone che dalla mattina alla sera lavoravano senza mai riposarsi. Queste 17 persone furono quelle che organizzarono e coordinarono una importante operazione missilistica nel 1988, colpendo da quattro punti diversi lungo 800 km, diverse zone dell'Iraq, come il terminal degli autobus extraurbani di Baghdad, dove casualmente un missile iraniano, tra l'altro un missile che secondo gli stessi tecnici di Tehran era difettoso, colpì in pieno un autobus di militari sudanesi ed egiziani appena arrivati per dare man forte all'esercito di Saddam.

Inoltre i missili iraniani erano, per via della loro maggiore adesione ai normali standard tecnici, nonostante il loro numero complessivo fosse inferiore, molto precisi e distruttivi. Moghaddam racconta che dopo la fine della guerra quando iniziarono le trattative per lo scambio dei prigionieri con l'Iraq, si recò a Baghdad e, nonostante non avesse mai visto prima la città, gli sembrava di stare in un ambiente famigliare, in quanto le conoscenze iraniane della città erano minuziose, per riuscire a colpire i bersagli in modo preciso.

Alla fine di quei 50 giorni, gli iracheni dovettero smettere di bombardare le città iraniane e in primavera si fermarono le operazioni missilistiche da ambo le parti.

La guerra termina nell'estate del 1988, dopo poco meno di otto anni da quel settembre 1980. La guerra era finita, ma il programma missilistico era solo all'inizio ed era necessario continuare sulla strada dello sviluppo in quanto un paese senza capacità difensive adeguate, e i missili sono una parte importante di tale capacità, è sempre sotto pressione. Senza una difesa adeguata che faccia da deterrenza, anche l'Iran avrebbe fatto la fine di paesi come l'Afghanistan e l'Iraq in tempi più recenti.

Dopo la fine della guerra Iran-Iraq il programma missilistico proseguì a ranghi serrati: vi erano due punti di vista. Alcuni volevano proseguire con una formazione completamente autoctona, mentre altri volevano acquisire conoscenze straniere per poi proseguire il lavoro autonomamente. Alla fine si decise di collaborare coi coreani sui missili Scud B, che in Iran prenderanno il nome di Shahab 1. Gli altri sistemi elaborati presero il nome di Nazeat e Zelzal.

IL SISTEMA ZELZAL, GITTATA MASSIMA 120 KM



Naze'at Missile by Tasnimnews 02.jpg
IL SISTEMA MISSILISTICO NAZEAT, UNO DEI PRIMI DI PRODUZIONE IRANIANA, CON GITTATA DI 100 KM


SHAHAB 1, Il primo missile balistico iraniano a lunga-media gittata, evoluzione di una collaborazione tecnica con la Corea del Nord, (oltre 1000 km di gittata per il Shahab 3)





 Nella prima metà degli anni '90 gli iraniani riuscirono a mandare sulla catena di montaggio il primo sistema missilistico e a produrre in Iran il primo missile con sistema di guida e con gittata di 300 km, simile a dei modelli russi. Il sistema era stato provato con pieno successo, a meno di dieci anni da quel 1985 che aveva visto il primo missile a media gittata degli iraniani colpire il territorio iracheno. Questo fu il primo passo verso l'affermazione del Shahab 1.

Ora Moghaddam voleva procedere verso gli Scud 30, con gittata di 500 km. Ma il vero obiettivo era portare il sistema Shahab a oltre 1000 km (Shahab 3), per poter usare la spada di Damocle di un attacco missilistico contro Israele, dall'Iran occidentale, come deterrente di qualsiasi attacco militare contro l'Iran.

In pratica l'apice dell'evoluzione missilistica in Iran si ebbe dalla seconda metà degli anni '80 alla seconda metà degli anni '90. Nell'arco di un decennio gli iraniani svilupparono una tecnologia che in Russia o negli USA poteva essere sviluppata nell'arco di un trentennio.  

Il passo successivo fu un sistema missilistico che in alcuni suoi modelli può sfiorare i 2000 km di gittata con un potenziale distruttivo enorme.



MISSILE QADR, ARRIVA A 2000 KM DI GITTATA

Oggi il sistema missilistico indigeno iraniano è uno dei più importanti all'interno dei paesi in via di sviluppo e la sua capacità è tale per cui, vista la gittata superiore ai 1000 km, possono essere colpiti dal territorio iraniano, tutti i paesi limitrofi all'Iran e tutti i punti sensibili: dalle basi NATO in Turchia, alle basi americane in Medio Oriente e nel Golfo Persico, fino al territorio dello stato israeliano. Per cui, tutte le minacce esterne alla sicurezza nazionale iraniana, nell'alveo della guerra ordinaria, sono sotto il tiro del potenziale missilistico della Repubblica Islamica dell'Iran, che userebbe questo potenziale solo ed esclusivamente per difendersi da quei governi che minacciano l'Iran di guerra. Proprio per questo il problema missilistico è al centro dei dibattiti della comunità internazionale con l'Iran: le potenze avverse alla Repubblica Islamica sanno bene che senza i suoi missili esiste una vulnerabilità. Perdere i missili per l'Iran vuol dire essere vulnerabile militarmente. L'esempio della Libia di Gheddafi è lampante: un paese che negli anni '80 aveva aiutato l'Iran a porre le basi per le ricerche nell'ambito missilistico, negli anni 2000 si trovava in una situazione nemmeno paragonabile alla Repubblica Islamica. In Iran ci sono missili indigeni con gittata superiore ai 1000 km, in Libia non c'era più niente, per questo il paese africano è stato attaccato e distrutto. Gheddafi aveva ceduto alle pressioni internazionali, smantellando il proprio sistema missilistico di matrice russa, in cambio di aiuti e collaborazione economica. Oggi non ci sono più né missili, né aiuti economici, né Gheddafi, né una Libia intesa come stato nazionale indipendente. I dirigenti ad alto livello della Repubblica Islamica dell'Iran sanno che abdicare al sistema missilistico, in cambio di "aiuti economici", vuol dire consegnare nel giro di un decennio il paese nelle mani dei bulli della comunità internazionale. La storia è maestra di vita.

P.S. Hassan Tehrani Moghaddam, il padre del programma missilistico autoctono della Repubblica Islamica dell'Iran, dopo anni di onorato servizio, ha raggiunto il martirio in tempi recenti, per via di una esplosione nei pressi di Teheran.
 

Commenti


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