“Chi ha paura dell’Islam?” (resoconto del convegno di Modena, 26 aprile 2016)

 

 
 
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Lo scorso 26 aprile a Modena, presso una delle sedi cittadine della Confcommercio, si è tenuto un incontro pubblico dal titolo “Chi ha paura dell’Islam?”, evento organizzato dall’associazione studentesca Azione Universitaria (Modena e Reggio) in collaborazione con CESE-M (Centro studi Eurasia-Mediterraneo), Ente Islamico in Italia e Centro studi Dimore della Sapienza. L’iniziativa ha voluto incentrarsi sulla scottante attualità del mondo islamico e dell’Europa, in relazione ai temi dell’instabilità del bacino del Mediterraneo e del Vicino Oriente (la geopolitica e i conflitti nell’area) con le conseguenze per il vecchio continente in materia di società multiculturale e immigrazione; un occhio di riguardo poi è stato dedicato al tema dell’Islam europeo, sia nei secoli passati, sia oggigiorno.
 
 
Ha introdotto l’evento, dinnanzi ad un folto ed attento pubblico, Lorenzo Rizzo (Presidente Azione Universitaria Modena e Reggio), il quale ha immediatamente dato la parola al moderatore della conferenza, Giulio Verrecchia, anch’egli di Azione Universitaria, associazione studentesca attiva negli atenei a livello nazionale, con diramazioni in diverse facoltà universitarie.
 
 
Hanno tenuto delle relazioni, in ordine, Amin Mohamed Attarki, dell’Ente Islamico in Italia e membro dei Giovani Musulmani Italiani; Ali Reza Jalali, del Centro studi Dimore della Sapienza; Stefano Vernole, del CESEM (Centro studi Eurasia-Mediterraneo), nonché vice-direttore di Eurasia-Rivista di studi geopolitici.
 
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Attarki nel suo intervento ha cercato di delineare il ruolo dell’Islam nella storia europea, facendo emergere come tale religione non sia completamente estranea alla civiltà europea. Anzi, secondo il rappresentante dei Giovani Musulmani Italiani, senza l’apporto della civiltà islamica l’Europa avrebbe perso una parte importante delle proprie radici classiche, in quanto la tradizione filosofica e sapienziale greca è stata recuperata dal Medio Evo in poi in Europa proprio grazie al lavoro dei dotti musulmani, senza l’impegno dei quali una parte consistente delle opere greche sarebbe stata persa per sempre. Attarki ha sottolineato come l’Europa meridionale, principalmente la Spagna e la Sicilia, siano state profondamente influenzate dall’Islam, cosa visibile ancora oggi negli usi e nei costumi locali, nonché nell’architettura classica siculo-andalusa.
 
 
Jalali invece ha tenuto un intervento incentrato sull’attualità dell’Europa e il problema dei vari modelli di integrazione a livello continentale, concentrandosi su come in due importanti paesi europei, Francia e Regno Unito, si siano applicate due forme diverse di integrazione ed interazione tra Stato, società e minoranze etnico-religiose, con particolare attenzione alla comunità islamica in questi due contesti, dove si passa dal sistema laico e ultra-integrazionista francese a quello multiculturale e meno invasivo anglosassone. Jalali ha sottolineato però come entrambi questi modelli, nonostante parziali successi, abbiano incontrato grandi difficoltà ad integrare effettivamente i musulmani nelle società locali, portando in alcuni casi all’esasperazione e al fenomeno della ghettizzazione della comunità islamica. D’altro canto anche le comunità islamiche, sempre secondo lo studioso di origini iraniane, hanno dei demeriti evidenti, riconducibili in molti casi all’assenza di una seria volontà di interagire in modo costruttivo con la società ospitante.
 
 
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Infine c’è stata la relazione di Stefano Vernole, il quale si è concentrato sui conflitti in corso nel mondo musulmano, in particolare in Iraq e Siria, paesi al centro di un vortice di instabilità regionale che vede nell’emergere del gruppo radicale dell’ISIS la punta dell’iceberg di problemi profondi, dettati da debolezze interne di Stati nazionali arabi al collasso e ingerenze straniere volte a consolidare l’egemonia imperialista in una delle regioni, il Medio Oriente, più ricche del pianeta. Vernole ha espresso un punto di vista alternativo rispetto alla vulgata mediatica occidentale, ovvero ha affermato che l’ISIS, lungi dall’essere un’organizzazione anti-americana, in realtà è al servizio degli interessi della NATO, in quanto gli attacchi del gruppo terroristico in Medio Oriente non sono rivolti agli alleati regionali di Washington, ma ai suoi avversari, come la Siria di Assad, alleato strategico di Putin e della Russia, l’unico paese che sta seriamente combattendo il sedicente califfato islamico, in stretta collaborazione col governo siriano, con l’Iran e con gli Hezbollah libanesi, per evitare la caduta di un governo, quello di Damasco, alleato storico di Mosca dai tempi dell’URSS: i russi non solo vogliono difendere le basi navali nel Mediterraneo orientale (Latakia e Tartous), ma con la guerra in Siria contro l’ISIS vogliono evitare di dover lottare contro i fondamentalisti in casa propria, nel Caucaso, come già accaduto in passato.
 
 
Dopo il termine delle relazioni, è stato aperto il dibattito pubblico, dal quale è emerso un interessamento notevole degli uditori rispetto agli argomenti trattati, dimostrando ancora una volta, caso mai ce ne fosse stato bisogno, l’importanza dell’argomento: dalla geopolitica alle questioni del multiculturalismo in seno all’Europa, la religione musulmana continua a tenere banco tra gli analisti e la gente comune. L’evento modenese però, anche grazie al taglio datogli dagli organizzatori, alla competenza dei relatori e alla preparazione del pubblico, ha segnato un deciso punto a favore della comprensione reale dei problemi, oltre la propaganda populista e il facile buonismo degli intellettuali da salotto.
 
 

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