L’Iran verso le elezioni


di Ali Reza Jalali
fathi20120227105630227Gli iraniani saranno chiamati il prossimo 14 giugno ad eleggere il nuovo capo del governo, ovvero il presidente della Repubblica che avrà il compito di guidare l’esecutivo per i prossimi quattro anni. Al contrario della tornata elettorale precedente (2009), dove fin da subito era emerso con chiarezza che si sarebbe andati incontro a una sfida a due, tra l’allora presidente in carica Ahmadinejad e Mir Hossein Musavi, candidato quest’ultimo che poi fu sconfitto pesantemente, e che incitò gli iraniani alla rivolta contro presunti brogli, che nessuno mai riuscì a provare, e che sono stati sconfessati recentemente addirittura dal Segretario di Stato nordamericano J. Kerry, che ha definito le elezioni presidenziali del 2009 valide e il governo di Ahmadinejad come legittimo, anche se evidentemente, non c’era bisogno dell’esternazione del dirigente del governo Obama per comprendere ciò.
In questa tornata elettorale invece, il panorama è molto più diviso e meno chiaro. In primo luogo bisogna dire che i candidati ufficiali sono otto, contro i quattro del 2009. Qualche giorno fa il Ministero dell’Interno iraniano ha confermato i nomi dei candidati, dopo che la Corte costituzionale aveva vagliato le iscrizioni (più di 400). La Consulta iraniana quindi era arrivata alla conclusione che otto nomi potevano presentarsi alle elezioni, eliminando dalla corsa alla presidenza gli altri, in quanto, secondo il parere dei giudici costituzionali, non conformi al dettato dell’art. 115 della Carta costituzionale iraniana: “Il presidente viene eletto tra le personalità di rilievo del paese. Il presidente della Repubblica deve essere cittadino iraniano, nato da genitori di origine iraniana e deve essere leale nei confronti della Repubblica Islamica”. La grande maggioranza degli aspiranti non erano evidentemente “personalità di rilievo”. Ci sono però stati degli esclusi illustri, ovvero il presidente del Consiglio per l’Interesse del Sistema, Rafsanjani, a capo di un importante organo che ha il compito di dirimere le controversie tra Corte costituzionale e parlamento, nonché organo consultivo del capo dello Stato, la Guida della Rivoluzione (Ayatollah Khamenei). Rafsanjani, che fu anche capo del governo tra la fine degli anni’80 e la prima metà degli anni ’90, è stato escluso della competizione elettorale per via della sua età avanzata (quasi 80 anni), in quanto non poteva avere, per ovvi motivi, la dinamicità necessaria a ricoprire il ruolo di capo dell’esecutivo, compito che richiede evidentemente molta dinamicità. In ogni caso Rafsanjani ha fatto sapere che non promuoverà alcun ricorso, anche se alcuni politici vicini a lui hanno protestato molto, tra i quali alcuni parlamentari, che addirittura hanno minacciato pesantemente i giudici costituzionali per la loro decisione.
Un altro escluso eccellente è il “delfino” del presidente uscente Ahmadinejad, ovvero Mashai, che si era recato all’ultimo minuto all’ufficio del Ministero dell’Interno per iscriversi, addirittura accompagnato da Ahmadinejad. Quest’ultimo in quell’occasione aveva detto ai giornalisti: “Ahmadinejad è Mashai e Mashai è Ahmadinejad”. Non pochi giuristi e uomini politici avevano quindi accusato il presidente, ancora in carica, di essersi comportato in modo scorretto e illegale, fuori dalle sue prerogative costituzionali. Mashai è stato precluso dalla competizione per via dei suoi atteggiamenti, giudicati dai giudici costituzionali, o almeno dalla loro maggioranza assoluta, come in antitesi rispetto ai valori costituzionali e repubblicani-islamici. Mashai infatti da qualche anno è al centro di polemiche in Iran per via di alcune esternazioni giudicate da alcuni esponenti religiosi, in antitesi rispetto ai valori islamici autentici. Mashai in ogni caso è stato sempre difeso da Ahmadinejad. Alcuni media iraniani addirittura sono arrivati ad accusare Mashai di essere in realtà un massone, cosa che però nessuno è mai riuscito a provare con certezza. Ahmadinejad e Mashai hanno protestato in modo composto per la preclusione alla competizione elettorale, e hanno detto apertamente che faranno ricorso, appellandosi se necessario al potere di veto della Guida della Rivoluzione, per far reintegrare in via straordinaria Mashai alla competizione elettorale del 14 giugno.
Vi è un precedente interessante da sottolineare; nel 2005 Mostafa Moin, candidato con istanze anti-sistema (1), fu estromesso dalla campagna elettorale dalla Corte costituzionale, in quanto considerato non in linea coi valori costituzionali. Qualche giorno dopo la decisione dei giudici costituzionali però, la Guida della Rivoluzione, l’Ayatollah Khamenei emise un editto speciale (“Hokme hokumati”, ordine dello Stato), avvalendosi del potere di veto che ha, in ossequio al principio del governo del giurisperito islamico (2), decise di reintrodurre Moin, che poi alle elezioni non andò oltre i quattro milioni di voti (fu eletto al ballottaggio come presidente, sconfiggendo Rafsanjani, Mahmoud Ahmadinejad). Non sappiamo con certezza se anche questa volta, la Guida vorrà opporsi alla decisione della Corte costituzionale (“Shoraie negahbane qanune asasi”, Consiglio dei Guardiani della Costituzione); la situazione è diversa in quanto la Guida decise di reintrodurre Moin su richiesta di alcuni “intercessori influenti” della politica iraniana. In questo caso Mashai non ha “santi in paradiso”, per cui la sua reintegrazione, ammesso e non concesso che ci sarà, dipenderà esclusivamente dalla volontà della Guida di dare la possibilità a Mashai di dare voce a una parte del paese, che vede comunque positivamente le sue istanze, a prescindere dalla quantità più o meno elevata di sostenitori. Detto ciò, a oggi i candidati principali che si contenderanno la carica presidenziale sono:
1-Said Jalili, attuale segretario generale del Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale (nominato qualche anno fa dal presidente Ahmadinejad), capo negoziatore iraniano per la vicenda del nucleare col gruppo internazionale del cosiddetto “5+1”. Verosimilmente il suo bacino elettorale saranno i ceti popolari, i giovani rivoluzionari e coloro che hanno istanze antimperialiste più marcate.
2-Ali Akbar Velayati, ex Ministro degli Esteri tra gli anni ’80 e ’90, consulente della Guida per gli affari internazionali. Velayati prenderà i voti della borghesia religiosa, dei commercianti tradizionalisti e di chi è interessato alla stabilità economica ed istituzionale come principio supremo. Velayati è una persona che mette d’accordo diversi partiti e gruppi di potere.
3-Qalibaf, attuale sindaco di Tehran, ben visto da certi ambienti “liberal” della metropoli iraniana.
4-Haddad Adel, ex presidente del parlamento iraniano, uomo equilibrato, ma poco carismatico; può essere considerato come una via di mezzo tra Qalibaf, Velayati e Jalili. In un contesto del genere rischia di rimanere schiacciato dal maggiore carisma degli altri candidati.
5-Hassan Rohani, dirigente di uno dei più importanti centri di ricerca strategica dell’Iran, ex responsabile dei negoziati sul nucleare iraniano con le potenze internazionali al tempo del governo Khatami, secondo alcuni (3), tra i principali sponsor e strateghi del caos post-elettorale in Iran nel 2009. Vicino ad alcuni leader politici e centri economici influenti del paese mediorientale, ha il sostegno di molti gruppi della sinistra islamica e dei riformisti. E’ considerato molto legato all’ex presidente Khatami, così come anche a Rafsanjani. Fu tra i principali sostenitori di Musavi nel 2009.
La situazione potrebbe cambiare se dovesse essere reintrodotto Mashai alla corsa, ma se non ci saranno colpi di scena, questi saranno i principali candidati alla corsa presidenziale; anche se un analista serio non dovrebbe mai sbilanciarsi eccessivamente, penso che Said Jalili avrà delle buone probabilità di essere eletto come presidente, in quanto, almeno nella maggioranza dei casi, il bacino elettorale decisivo in Iran è composto dagli abitanti delle province e dall’elettorato rivoluzionario militante, ed entrambi sembrano fino ad oggi orientati a sostenere Jalili. A livello invece di orientamenti riguardanti i centri di potere iraniani, possiamo dire che gli ambienti militari vedono bene lo stesso Jalili, i sapienti religiosi più prestigiosi presumibilmente sono orientati (almeno la loro maggioranza) verso Velayati, mentre gli ambienti legati alle lobby economiche, interessate alla distensione internazionale, soprattutto con l’Europa, a prescindere dal candidato di riferimento, non vedono di buon occhio uno come Jalili, dimostratosi troppo intransigente, almeno secondo la loro opinione, nei negoziati sul nucleare. Mi riprometto di tenere aggiornati i lettori in caso di colpi di scena, come la reintroduzione di Mashai alla tornata elettorale, o di ogni altra vicenda che possa modificare la situazione. Sarà interessante vedere anche il comportamento dei candidati in campagna elettorale e soprattutto il loro “modus operandi” neitalk show televisivi, molto seguiti nel paese.
Note
1-Uno dei collaboratori di Moin, disse apertamente: “Noi non riconosciamo alcun valore agli editti della Guida della Rivoluzione”. Paradossalmente, fu proprio un “editto” della Guida a reintegrare Moin alla competizione elettorale!
2-Sull’argomento vedi Ali Reza Jalali, “La Repubblica Islamica dell’Iran tra ordinamento interno e politica internazionale”, Irfan Edizioni, 2013.
3-Ad esempio lo stratega Hassan Abbasi fece apertamente il nome di Rohani, come “mente” e sostenitore del caos post-elettorale in Iran nel 2009. Inoltre Hassan Rohani è anche in buoni rapporti con alcuni esponenti di certe ambasciate europee a Tehran.

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