Il sistema missilistico S-300 in Medio Oriente


Il sistema missilistico S-300 in Medio Oriente
di Ali Reza Jalali
Negli ultimi tempi si è parlato molto delle vendite di armi russe ad alcuni paesi mediorientali, principalmente quelli oggetto di pressioni occidentali per vari motivi. I Paesi principalmente coinvolti nella vicenda concernente gli armamenti provenienti da Mosca sono l’Iran e la Siria. La Repubblica Islamica e la Repubblica Araba avevano in ballo una fornitura russa riconducibile al sistema missilistico S-300. Ma di cosa si tratta in particolare? L’S-300 è un sistema missilistico di difesa aerea composto da batterie di missili intercettori montati su automezzi ruotati ad elevata mobilità, il sistema è autonomo e dotato di una radar di scoperta, un radar di controllo tiro e di una postazione di comando e controllo. Una tipica batteria di S-300 è dotata di 4/6 lanciatori mobili ognuno con 4 missili intercettori. Dobbiamo fare quindi un po’ di chiarezza a riguardo del sistema missilistico Sovietico/Russo S-300, protagonista involontario della possibile evoluzione dei rapporti di forza, in campo aereo, nel Medio Oriente. In particolare si è molto parlato della possibile fornitura del sistema S-300 alla Siria; questo paese è già dotato del sistema S-300 da diversi anni, ma della prima versione di tale sistema. Per prima cosa dobbiamo chiarire che con la sigla S-300 i russi si riferiscono ad una famiglia di sistemi antiaerei e non ad un singolo sistema. Per aiutarci a differenziali meglio impiegheremo i nomi completi dei progetti e le codifiche NATO.
La storia degli S-300 inizia in epoca sovietica, verso la fine degli anni ‘60, quando viene progettato il primo S-300, denominato dai sovietici S-300P (Codice NATO SA-10 Grumble), sistema che è in possesso dei siriani, e che viene schierato per la prima volta nel 1978. La NATO ha conferito al primo sistema S-300 una doppia codifica, questo perché il sistema S-300P si è evoluto nel tempo fino a diventare qualcosa di estremamente diverso rispetto alla prima versione del 1978. Queste versioni sono identificate all’interno della federazione russa con le sigle S-300P, S-300PS, S-300PMU e S-300PMU-2, la quale prende la codifica NATO di SA-20 Gargoyle. Le differenze tra i vari sistemi sono notevoli sia a livello software, sia a livello di hardware. Mentre il sistema S-300P è considerato obsoleto e di scarsa utilità strategica, il sistema S-300PMU-2 viene considerato un sistema di difesa aereo ancora efficiente. Un discorso a parte merita invece il sistema S-300V (codice NATO SA/12A – SA/12B); esso impiega due differenti missili all’interno della stessa batteria. Questa è la caratteristica peculiare di tutte le serie S successive (S-400, S-500). Le batterie possono scegliere quale dei due missili impiegare a seconda del tipo della minaccia da affrontare. In origine il sistema S-300V nasce come sistema antimissile, ma durante la progettazione gli ingegneri russi pensarono di creare un sistema capace di operare sia contro aeromobili, sia contro missili balistici nella loro fase terminale. Nel caso del sistema S-300V i due missili sono denominati Gladiator e Giant. Il Gladiator è principalmente un missile anti aereo del peso di circa 2500 Kg e con un raggio utile di utilizzo compreso tra i 6 e i 78 Km. Esso può ingaggiare aerei, elicotteri, missili da crociera e droni che volano tra i 25 e i 25000 metri. Il Giant è stato studiato per abbattere i missili balistici, ma può essere impiegato anche contro aeromobili. Pesa oltre 4500 Kg e possiede un raggio utile di utilizzo compreso tra i 12 e i 100 Km. Può ingaggiare missili balistici fino ad una quota di oltre 40 Km. Per restare al tema siriano, quando la Russia parla della possibile fornitura di nuovi S-300 alla Siria dobbiamo pensare alla fornitura di S-300PMU-2, oppure di S-300V in quanto la Siria possiede già il vecchio sistema S-300 che però, almeno secondo alcuni analisti, non sarebbe in grado di causare grandi danni alle forze aeree occidentali o israeliane in caso di un confronto con le difese aeree siriane. Altro discorso se la Siria disponesse del sistema S-300PMU-2 oppure dell’S-300V, sistemi missilistici in grado di abbattere i moderni caccia a disposizione dei potenziali nemici della Siria (1).
Mosca recentemente ha affermato che non avrebbe intenzione di vendere nuovi sistemi di difesa antiaerea S-300 a Damasco, ma starebbe semplicemente completando la fornitura di quelli previsti da contratti precedenti e che non sono banditi dalle norme internazionali in quanto sono armi difensive: lo ha chiarito il Ministro degli Esteri russo, S. Lavrov. "La Russia non ha intenzione di vendere (il sistema S-300); sono già stati venduti tempo fa, ed ora sta completando la fornitura, in base a precedenti contratti di sistemi di difesa aerea", ha affermato il dirigente russo ai giornalisti. Non a caso hanno discusso dell’argomento, in un recente viaggio del premier israeliano a Mosca, i dirigenti russi e israeliani. Benjamin Netanyahu, è infatti andato a Sochi recentemente, dove è stato accolto dal presidente russo Vladimir Putin. I due hanno iniziato un faccia a faccia che a detta degli stessi leader si è concentrato sul Medio Oriente, con particolare attenzione alla crisi siriana. "E' chiaro che conto di parlare con lei della situazione nella regione, compresa la situazione in Siria", aveva detto Putin, aprendo l'incontro. Dal canto suo, Netanyahu si è detto "molto contento di poter discutere insieme dei mezzi con cui stabilizzare la regione, mezzi che ci permetteranno di portare più sicurezza, più tranquillità". "Naturalmente per noi questa regione è importante per il fatto che ci viviamo - ha aggiunto, rivolgendosi a Putin - ma sappiamo che lo è anche per voi. Insieme possiamo pensare a come assicurarle stabilità". Il premier israeliano ha poi proposto di tenere il prossimo incontro col presidente russo a Eilat, nel sud di Israele. Dal canto suo il capo del Cremlino ha anche sottolineato la tendenza "positiva" che stanno vivendo i rapporti bilaterali tra le due nazioni. Secondo la stampa israeliana, nel faccia a faccia con Putin, Netanyahu avrebbe affrontato la questione dei missili terra-aria S-300, che la Russia intende fornire alla Siria, nel rispetto dei contratti già firmati col governo damasceno nel 2010. La consegna riguarda quattro batterie di missili AS-300, comprese sei rampe di lancio e 144 missili da 200 chilometri di gittata (2).
Per ciò che concerne l’Iran invece la situazione è diversa; gli iraniani e i russi avevano firmato un contratto per la vendita del sistema missilistico S-300 alla Repubblica Islamica, ma la transazione non ha avuto una buona fine. Infatti un decreto firmato dall’allora presidente russo Dmitri Medvedev, decideva all’improvviso di vietare la fornitura all’Iran di questo tipo di sistemi missilistici oltre che di carri armati, aerei e altri tipi di armamenti russi. Il decreto seguiva le misure adottate dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu del 9 giugno 2010, che aveva vietato la vendita di armi pesanti all’Iran. Gli Stati Uniti, che insieme a Israele hanno a lungo premuto sul governo russo per una misura del genere, accolsero con soddisfazione la decisione. Il sistema missilistico S-300 era infatti visto come particolarmente preoccupante dagli occidentali, che temevano potesse servire a proteggere siti in cui si svolge il programma nucleare iraniano (3). La reazione iraniana al cambiamento di rotta della dirigenza russa di allora si concentrò su due cose: da un lato l’Iran ha chiesto, attraverso l’istituzione di un arbitrato internazionale apposito, l’esecuzione degli obblighi russi riguardanti il contratto firmato dalle parti, e quindi la consegna del sistema S-300, visto anche il fatto che il pagamento era stato effettuato (4). D’altro canto, i dirigenti di Tehran non si sono demoralizzati più di tanto, e hanno cercato di costruire un sistema missilistico autoctono, sfruttando sia le conoscenze scientifiche in ambito strategico in possesso degli ingegneri militari della Repubblica Islamica, sia vecchi modelli russi e non solo, già in possesso delle forze armate iraniane, Esercito e Guardia Rivoluzionaria. L'Iran ha quindi costruito quasi un terzo del sistema di difesa missilistica che si sta sviluppando in luogo del sistema S-300 di Mosca. La Repubblica Islamica si augura che il sistema sarà completato entro il prossimo anno. Non a caso gli stessi media russi riportavano qualche mese fa la notizia (5); il generale di brigata Farzad Esmaili, un comandante dell’aeronautica militare iraniana, aveva detto che il sistema Bavar-373 è stato completato per 30 %. Egli aveva inoltre sottolineato che l'Iran era pienamente in grado di mantenere il progetto, senza bisogno di alcuna assistenza straniera. Il militare iraniano aveva anche aggiunto: "non abbiamo alcun problema con la fornitura dei missili necessari per questo sistema." Secondo i dirigenti iraniani il modello Bavar-373 non è molto diverso dal sistema russo S-300. Il rafforzamento delle difese di Damasco e Tehran quindi, con o senza il sostegno diretto dei russi, è una realtà di cui la NATO e Israele sono ben consapevoli; la Russia d’altro canto, non vuole rimanere indietro nella partita fondamentale che si sta giocando in Medio Oriente. Uno smacco in Siria non è solo un danno per Tehran, alleato strategico del governo di Assad, ma potrebbe essere anche l’anticamera del ridimensionamento della Russia in una regione fondamentale per gli equilibri geopolitici, geoeconomici e geostrategici dello scacchiere eurasiatico e mondiale.

Note
4- 4- I russi da parte loro hanno confermato l’impossibilità di eseguire la consegna del sistema missilistico, ma hanno espresso la loro disponibilità a restituire la somma versata dagli iraniani, eventualmente pagando anche una ammenda.


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