IL SISTEMA DI GOVERNO NELLA LIBIA DI GHEDDAFI

Proponiamo ai nostri lettori un interessante saggio del prestigioso studioso Giovanni Armilotta; questo in realtà è un sunto di un articolo apparso su “Affari Esteri” nell’autunno del 2012. Al riguardo vedi anche un saggio apparso sulla rivista di geopolitica “Eurasia” nella primavera del 2012, sempre dello stesso studioso.

La Jamâhîriyya

IL SISTEMA DI GOVERNO NELLA LIBIA DI GHEDDAFI

di Giovanni Armillotta

Oltre le due tradizionali forme di governo dei secoli XX-XXI - monarchia e repubblica - notiamo come, precedendo di due anni l’applicazione in Iran del khomeiniano Velayat-e faqih (1), in Libia prese vita la Jamâhîriyya. Una parola che, a parte la classica traduzione di “governo delle masse”, si è sentita ripetere ottusamente per 35 anni (1977-2011) da parte di gran parte dei media. Compito dell’articolo è illustrare l’evoluzione storica che ha condotto alla creazione della predetta forma di governo e gli organi di cui si componeva.
Si esaminerà l’ingegneria costituzionale che ha presieduto alla fondazione della Prima repubblica libica (1969-73); il periodo della rivoluzione culturale (o Seconda repubblica: 1973-77) e, infine, il terzo esperimento istituzionale repubblican-giamairiano.
Analizzeremo tale forma di governo venuta alla luce nella comunità internazionale: le novità e le differenze rispetto ai tradizionali significati di repubblica nei sensi sia liberal-democratico “occidentale”, sia democratico-popolare in adozione nei Paesi marxisti posti a Ovest e a Est degli Urali.

Il pensiero di Gheddafi nei confronti del sistema liberal-borghese

Il pensiero e l’azione di Gheddafi nei confronti della democrazia borghese liberale franco-olandese-britannica - quella stessa che ha “inventato” l’espansione extraeuropea, seguita dal “democratico” Belgio (che dal 1877 iniziò a governare il Congo, possesso personale del Re, attraverso un regime sanguinario basato sul terrore), dalla Germania imperiale e in seguito dall’Italia (prima liberale e poi fascista) e a queste uniamo le “antiche” Portogallo e Spagna (con questi ultimi due regimi già autoritari, che poi hanno cercato di adattare il passato attraverso trattati e accordi spartitori con gli anglo-francesi) - è stato sempre negativo e di condanna.
Il rovesciamento di re Idris (1° settembre 1969) fu in sé un episodio straordinario, in quanto ai colonialisti pre e post ONU era stato strappato di mano un Capo di Stato ch’era pura volontà dell’Occidente. E ciò Gheddafi l’ha pagato nel lungo periodo. Nei testi ideologici di Gheddafi (2) notiamo che quella che sarà la futura forma di governo della Jamâhîriyya è preceduta da una severa critica al sistema dei partiti (sia borghese multipartitico che socialista mono-partitico).
Il defunto leader, che dopo la laurea in legge a Tripoli, si specializzò prima all’Accademia militare di Bengasi nel 1963 e poi nel 1966 presso il College dello Stato Maggiore dell’Esercito britannico, scriveva: «Il Partito, costituitosi in nome di una classe sociale, si trasforma automaticamente nel sostituto di questa classe. Tale trasformazione è spontanea e continua fino a quando il partito non diviene l’erede della classe ostile alla sua.
Se, per esempio, la classe operaia annientasse tutte le altre, diverrebbe l’erede della società; diverrebbe, cioè, la base materiale e sociale della società.
L’erede conserva le caratteristiche di colui da cui eredita, anche se queste possono non essere subito evidenti. Con il passare del tempo, le caratteristiche delle classi eliminate emergono all’interno della classe operaia e a queste caratteristiche corrispondono determinate attitudini ed opinioni.
La classe operaia, quindi, si trasformerebbe, a poco a poco, in una società diversa, avente le stesse contraddizioni della vecchia società.
In un primo tempo, si differenzierebbero i livelli materiali e morali degli individui, poi, apparirebbero i gruppi che, automaticamente, si svilupperebbero in classi del tutto simili alle classi abolite [come è stata la degenerazione del comunismo in Unione Sovietica, n.d.G.A.] [...].
Si tratta, dunque, di trovare un sistema di governo che non sia il partito, la classe, la setta o la tribù, ma che sia il popolo nel suo insieme e che, quindi, non lo rappresenti e non si sostituisca ad esso.
“Nessuna rappresentanza al posto del popolo”, “la rappresentanza è un’impostura”» (3).

Dalla rivoluzione del 1969 alla crisi dell’Unione Socialista Araba (Prima repubblica, 1969-1973)

Prima di esaminare in dettaglio i principi della rivoluzione - ossia il capovolgimento dei rapporti di produzione - che condussero alla nascita della Jamâhîriyya, dobbiamo gettare uno sguardo a quella che era la situazione interna prima del 1973, data d’inizio del processo.
Il Consiglio del Comando della Rivoluzione - che rovesciò re Idris il 1° settembre 1969 - aveva il potere, ma non gli strumenti per usarlo. Mancava soprattutto il sostegno delle masse.
Il CCR aveva incarcerato o privato dei diritti civili molte delle persone più in vista del vecchio regime e si era opposto a tutti i gruppi politici, sociali ed economici costituiti nel Paese.
I principali obiettivi erano quattro: 1) demolire la vecchia élite sociale; 2) trasformare l’esercito in una forte arma politica; 3) rendere la rivoluzione accettabile a quanti più libici possibile, distribuendo rapidamente le entrate ottenute con il petrolio; 4) “legittimare” il regime, rendendo Gheddafi una figura carismatica per unire il Paese nel culto della sua personalità. Il primo bersaglio della politica interna fu il vecchio regime. Si cominciò a disgregarlo arrestando la maggior parte degli alti ufficiali delle Forze armate, con l’esclusione di quattro o cinque esponenti di primo piano e di alcuni alti ufficiali, considerati neutrali o simpatizzanti della rivoluzione, che ebbero incarichi diplomatici all’estero o posti nella burocrazia libica. I già colonizzatori italiani si videro privare della cittadinanza libica. I più furono rimandati in patria, mentre i loro beni erano sequestrati e messi a disposizione per essere distribuiti a sostenitori della rivoluzione appartenenti a classi medio-basse. In una serie di udienze, i Tribunali speciali esaminarono le pratiche relative a membri del vecchio regime per stabilire come si fossero arricchiti. Alcuni furono messi in prigione e i loro beni confiscati se appariva che avessero fatto fortuna con tangenti e corruzione; altri furono scagionati da ogni accusa. I capi tribù tradizionali, che avevano prosperato sotto il regno di Idris, furono un osso duro. Dal momento che erano fonti potenziali di controrivoluzione, personaggi dell’ancien régime quali ‘Umar ’Ibrâhîm al-Shalhi e il “Principe nero”, ‘Abd Allâh al-Sanûssî, avrebbero potuto usarli in tentativi di colpi di Stato contro il nuovo Governo.
Il CCR agì contro molti capi tribali, specialmente nella Cirenaica e nel Fezzan. Le tribù come istituzioni politiche furono abolite e le frontiere tribali non furono più riconosciute sulle mappe come confini amministrativi. Governatori e alti funzionari locali appartenenti alle suddette tribù furono licenziati e sostituiti da membri istruiti di tribù di livello sociale inferiore. In altre parole, gli indigenti del
vecchio regime rimpiazzarono i facoltosi. I capi religiosi, compresi gli appartenenti all’ordine dei Senussi che avevano appoggiato la monarchia, dovevano essere sradicati.
Alcuni capi avevano aiutato il “Principe nero” nel suo tentativo di golpe del 1971 (4), e tra i conservatori delle zone desertiche dell’Est e del Sud, godevano ancora del prestigio conquistato durante il periodo coloniale e la Seconda guerra mondiale. Il CCR stabilì pure alcune precise credenziali religiose, mise in atto la proibizione degli alcolici secondo rigidi principi musulmani, non rispettati durante la monarchia, promosse il digiuno del ramadhân e incoraggiò la preghiera e altre regole religiose. Furono messi al bando partiti politici, sindacati di lavoratori, organizzazioni studentesche; successivamente il CCR controllò attentamente la ricostituzione di associazioni di lavoratori e organizzazioni studentesche fedeli al Governo. Occupandosi dell’esercito, secondo importante obiettivo della riforma del CCR, furono eseguiti scrupolosi accertamenti sui giovani ufficiali e sottufficiali e furono promossi i seguaci della rivoluzione, espulsi gli altri.
Gli studenti delle scuole superiori, che si erano particolarmente distinti per il loro impegno, furono incoraggiati a entrare all’Accademia militare e furono loro offerte borse di studio nelle Università statunitensi o speciali corsi di addestramento militare in Italia, Francia, Gran Bretagna, Svezia e anche in Unione Sovietica dopo gli accordi del 1974 per le forniture di armi. Dal punto di vista economico, accertato che il cibo fatto venire dall’estero poteva essere adoperato quale arma dagli avversari e che la grande debolezza dell’Egitto di Nasser (e di Sadat poi) era la sua crescente dipendenza dai prodotti alimentari importati, i programmatori del CCR diedero priorità assoluta al loro primo piano di sviluppo che prevedeva, per quanto possibile, l’autosufficienza alimentare.
Il quarto obiettivo del CCR diede certezze verticistiche di continuità istituzionale al regime, trasformando Gheddafi, da oscuro e puritano ufficiale, in figura carismatica, quasi messianica, e diede anche i maggiori frutti in campo internazionale.
Gli ideologi del CCR e lo stesso Gheddafi emularono coscientemente altri fortunati leader del Terzo mondo, che avevano conosciuto o osservato: il modello ideale Gamal Abd el-Nasser (Jamâl ‘abd al-Nâsir, 1918-70) in Egitto; Kusno Sosro d i h a rdjo, detto Sukarno (1901-70) in Indonesia; Léopold Sédar Senghor (1906-2001) in Senegal; Kwame Nkrumah (1909-72) nel Ghana; Ahmed Sékou Touré (1922-84) nella Guinea, per citarne soltanto alcuni. Gheddafi restò la figura dominante nelle strutture ufficiali e non del Governo. Tutti i maggiori problemi dovevano essere dibattuti in seno al CCR fino al raggiungimento di una decisione unanime.
Il CCR nominava i membri dei Gabinetti regolari, o Consigli dei ministri, e i Gabinetti erano collegialmente responsabili verso il CCR. Esso poteva rimuovere il Primo ministro o altri singoli ministri; le dimissioni del Primo ministro portavano automaticamente alle dimissioni del Gabinetto.
Se le decisioni del CCR, che avevano valore vincolante, richiedevano la promulgazione di nuove leggi per essere attuate, il Gabinetto aveva il compito di redigerle. Non essendovi né Parlamento, né Assemblea nazionale, il CCR promulgava le leggi con decreti. I Gabinetti erano composti di militari e di civili. Dopo il primo complotto, sventato dai Servizi segreti egiziani (dicembre 1969-gennaio 1970) e dopo il varo della Costituzione provvisoria in 37 articoli (11 dicembre 1969), Gheddafi, il 16 gennaio 1970, divenne Primo ministro.
Il 16 luglio 1972 cedette, però, la responsabilità della guida del Governo al maggiore Abd al-Salam Jallud, che rimase in carica sino alla proclamazione della Jamâhîriyya (2 marzo 1977).
Gheddafi restò Capo dello Stato (fino al 2 marzo 1979), Comandante in capo delle Forze armate e Presidente dell’unica organizzazione politica di massa, l’Unione socialista araba.
Come tante altre espressioni del pensiero politico e sociale di Gheddafi, l’Unione socialista araba ricalcò quella egiziana di Nasser. Lo statuto dell’Unione libica, costituita il 12 giugno 1971, stabiliva l’eguaglianza tra contadini, operai, soldati, intellettuali e capitalisti nazionali, uomini d’affari che erano riusciti in qualche modo a coesistere con un regime socialista (nella Repubblica Popolare cinese sono i “capitalisti patriottici”).
L’Unione doveva abolire le distinzioni di classe e lo stesso concetto marxista della lotta di classe. Il 50 per cento degli iscritti, che potevano essere uomini o donne di oltre diciotto anni, dovevano essere contadini e operai. Il primo Congresso dell’Unione si tenne dal 28 marzo-7 aprile 1972. Scrive Maurizio Vernassa che «il tentativo di creare una maggiore partecipazione politica attraverso l’Unione socialista araba fu un insuccesso, perché non solo non si determinò un vero collegamento tra essa ed il Consiglio della Rivoluzione, ma soprattutto per il fatto che prevalsero sempre a livello nazionale le vecchie solidarietà tribali e regionali, così come una persistente apatia politica. Fattori che sostanzialmente fecero fallire la “prima rivoluzione” gheddafiana. La non ancora raggiunta maturità del popolo libico, secondo il giudizio dello stesso Gheddafi» (5).

La rivoluzione culturale (Seconda repubblica, 1973-1977)

Nel giorno del 1382° anniversario islamico della morte del Profeta - 13 Rabî‘ al-awwal 1393/16 aprile 1973 (6) - Gheddafi pronunciò a Zuwâra (Tripolitania) un importante discorso. Egli era evidentemente deluso per il fallimento fatto registrare dal popolo libico nell’abbracciare e praticare i principi della propria Terza Teoria Universale, posta al di sopra e in alternativa al liberalismo e al comunismo e basata sulla democrazia di base non rappresentativa.
Si lamentava criticamente per la mancanza di impegno rivoluzionario da parte delle masse. Si doleva del rifiuto generalizzato da parte del popolo di arruolarsi nelle Forze armate o di accettare lavori in campagna (per cui da allora s’iniziò a reclutare lavoratori stranieri); degli studenti, che volevano prepararsi all’estero; e dell’aumento del tasso di criminalità.
Peggiore di tutto, per il leader, era l’apatia e la riluttanza con cui una parte significativa del popolo libico si era posta nei confronti della fusione imminente con l’Egitto, in programma il 1° settembre dello stesso anno.
Egli sosteneva che tali atteggiamenti minacciavano i progressi rivoluzionari, annunciati al momento di rovesciare la monarchia. Che l’azione avesse mutato la forma di governo non bastava, altri fondamentali cambiamenti sociali, economici e politici erano da realizzare, in maniera da rieducare il popolo. Così, in questo discorso a Zuwâra, Gheddafi proclamò la rivoluzione culturale.
Essa fu esposta in un programma di raccomandazioni, esteso su cinque punti: 1) sospensione di tutte le leggi in vigore: ogni questione legale d’allora in poi sarebbe stata esaminata alla luce della sharia; 2) lotta contro i mali politici del Paese, repressione del comunismo e del conservatorismo, eliminazione di ogni deviazione e opposizione contro tutti coloro che resistevano alla rivoluzione: marxisti, atei, membri della Fratellanza Musulmana, difensori del capitalismo, simpatizzanti del Partito Ba’th e agenti della propaganda occidentale; 3) distribuzione di armi al popolo in modo da assicurare la difesa della rivoluzione; 4) riforma amministrativa, dato che l’eccessiva burocrazia aveva abbandonato i suoi fini di servizio, precipitando
nella corruzione e staccandosi dal popolo; 5) promozione del pensiero islamico, rifiutando tutte le idee che non erano in armonia con esso, soprattutto quelle importate da altri Paesi e altre culture.
Nel maggio dello stesso anno, Gheddafi, in una conferenza stampa con giornalisti stranieri, discusse la rivoluzione cultura - le e sottolineò la diversità da quella cinese. Secondo Gheddafi, la rivoluzione culturale libica - a differenza di quella cinese - non aveva introdotto qualcosa di nuovo, piuttosto segnava il ritorno al patrimonio arabo e islamico. Rappresentava una ricerca di autenticità, in quanto cercava di forgiare o scoprire collegamenti con le basi religioso-culturali della società.
La rivoluzione culturale toccava una corda sensibile nella psicologia libica, simile a quella che si stava formando in Iran col rifiuto dell’occidentalizzazione imposta dallo Scià, strumento delle compagnie petrolifere anglo-statunitensi.
L’insistenza di Gheddafi per una politica estera indipendente dalle superpotenze; l’ostilità nei confronti d’Israele e dei suoi sostenitori; la ricerca di un modello alternativo, basato sui valori islamici; la critica alla burocrazia e al consumismo furono condivise in maniera significativa dal popolo libico, portato dal suo leader al primo posto del Prodotto interno lordo africano pro capite (7).
In un discorso dell’11 giugno 1973, Gheddafi fece una panoramica del lavoro fatto sino ad allora. La rivoluzione culturale registrava un nuovo impulso che si esprimeva con l’insediamento del popolo alla direzione dell’istruzione, dell’agricoltura, dell’amministrazione e della conoscenza. Funzionari governativi sino ai più bassi livelli furono obbligati a partecipare nelle assemblee di massa organizzate dai Comitati popolari voluti da Gheddafi (8).
Il CCR continuò a essere il motore della macchina del potere, che stava formandosi secondo i desideri del capo.
Fra il 1973 e il 1974 zelanti attivisti si misero a formare Comitati popolari locali in rioni, villaggi, luoghi di lavoro, università e sedi dell’amministrazione. Fu il periodo degli esperimenti.
Il più noto dei primi Comitati fu quello che si occupò della radio, della televisione e dell’Agenzia di stampa libica. Originalmente, i Comitati popolari di base (CP) a circoscrizione di municipio - creati il 18 aprile 1973 e a cui partecipavano uomini e donne di almeno 18 anni di età - si riunivano per esaminare le necessità di villaggi e famiglie. I problemi poi passavano agli organi superiori, che li portavano all’interesse nazionale.
Un fallito tentativo di colpo di Stato nel '75 portò all’instaurazione dei Tribunali rivoluzionari (26 agosto) e, al contempo, accelerò il processo di riforme istituzionali. Il 17 settembre apparvero i capitoli iniziali del primo volume del Libro Verde, e nel novembre furono creati i primi Congressi di base del popolo (CdP), quale istanza superiore ai summenzionati CP.
Dal 5 al 18 gennaio 1976 fu indetto il I Congresso Nazionale Generale dell’Unione socialista araba (che comprendeva i membri del CCR, i vertici dei CDP, dei CP, dei sindacati e delle organizzazioni professionali); esso sciolse l’Unione e creò il Congresso Generale del Popolo (CGP, che, per intenderci, chiameremo Parlamento).

La fondazione della Jamâhîriyya (Terza repubblica -1977- 2011)

Il 2 marzo 1977, a Sabhâ, il Parlamento approvò norme costituzionali (Dichiarazione sulla Costituzione del Potere del Popolo) che sostituirono la Costituzione del 1969.
La denominazione ufficiale del Paese diventò Jamâhîriyya (9), Araba Libica Popolare Socialista. Per quanto riguardava il potere esecutivo, il CCR fu sciolto, e al suo posto fu eretto il Segretariato Generale (SG) del Parlamento, con Gheddafi nelle vesti di Segretario generale (Capo dello Stato).
Il Segretariato Generale ricordava a grandi linee il Comitato Permanente (RP della Cina, RDP della Corea [nord], Vietnam), il Consiglio di Stato (Cuba, Germania Democratica, Polonia, Romania), il Præsidium (Albania, Bulgaria, Ungheria, URSS) o l'Ufficio di presidenza (Cecoslovacchia), ossia l’organo ristretto dell’assemblea parlamentare che adempie inoltre alle funzioni di Capo di Stato collegiale nella persona del Presidente dello stesso come, appunto, avveniva e avviene nei Paesi socialisti.
Infatti, secondo la dottrina sovietica, nel 1979 l’ordinamento libico rientrava fra quelli ad opzione socialista nella versione marxista-leninista (10). Da adesso Præsidium. Fin dalla sua formazione il Parlamento si riuniva in sessione ordinaria ogni anno, di solito per circa due settimane a novembre o a dicembre. Il Parlamento, tuttavia, formalmente delegava la maggior parte della propria autorità al Præsidium, nonché al Comitato Generale del Popolo (CGdP), che sostituiva il Consiglio dei ministri.
Nella sua sessione di dicembre 1978, il Parlamento autorizzò il Consiglio dei ministri a nominare ambasciatori e il Segretario degli Affari esteri a ricevere le credenziali dei diplomatici stranieri.
Il Consiglio dei ministri, in conformità alle condizioni stabilite dalla sessione di dicembre 1978 del Parlamento e su raccomandazione del Segretariato degli Interni, concedeva e revocava la cittadinanza libica.
Il Parlamento aveva il potere di eleggere il Presidente e i giudici della Corte suprema, il Governatore e Vice governatore della Banca Centrale, il Procuratore generale ed ulteriori alti funzionari.
I suggerimenti e i consigli del Præsidium e del Consiglio dei ministri, erano decisivi in merito a tali nomine. Il Præsidium sceglieva i Segretari di ogni Dipartimento (in luogo di ministri e ministeri). Il Parlamento aveva il potere formale di dichiarare guerra, ratificare i trattati e prendere in considerazione i piani di politica generale e la loro attuazione. In queste e altre funzioni era vincolato al parere del Consiglio dei ministri e alla supervisione del Primo ministro e del Præsidium, che prendevano le decisioni finali.
Sarebbe inesatto, però, considerare il Parlamento come una semplice istituzione “notarile”. Esso fungeva da stanza di compensazione e cassa di risonanza del punto di vista delle masse (attraverso i congressi rappresentativi di livello inferiore, i comitati, i sindacati, ecc.), in maniera da trasmetterli al Præsidium e al Consiglio dei ministri.
Inviava le decisioni della direzione nazionale ai cittadini, incoraggiando la partecipazione di massa al sistema politico per legittimare le decisioni del Præsidium e quelle politiche attraverso il dibattito e l’approvazione finale.
Per ciò che concerne il potere legislativo, esso si fondava sul concetto di democrazia diretta (autorità popolare) attraverso un sistema, che aveva come vertice il Parlamento.
I CP, a livello di circoscrizione municipale (non vi erano elezioni, ma libera partecipazione volontaria dei cittadini in aule di quartiere preposte ai dibattiti) e i CdP dei municipi eleggevano un Segretario e un Vicesegretario e facevano parte del Parlamento, nella veste di assemblea formata di oltre mille componenti, con mandato di tre anni. C’è da rilevare che i mille componenti rappresentavano una popolazione di 2.748.000 abitanti nel 1978 (11), mentre l’Italia, ad esempio, al 31 dicembre 1977, contava 945 deputati più sette senatori a vita per 56.601.363 abitanti (12).
L’elettorato attivo e passivo si acquisiva con i 18 anni di età. Compito dei CdP era di raccogliere la volontà popolare e trasmetterla al Parlamento e, una volta che questo legiferava, i CP stessi dovevano interpretare e applicare le leggi.
A livello locale i CP svolgevano attività di pubblica amministrazione ed erano responsabili di tutti i servizi pubblici. L’ordine giudiziario era così disposto: Procuratore generale, Corte suprema, Corti di appello, Corti di primo grado e di procedura sommaria, Tribunale rivoluzionario. Fu, anche, adottata una nuova bandiera (13).
Una curiosità: non fu istituito il Segretariato della Difesa in quanto la responsabilità di difendere la patria era affidata, non a un dicastero, bensì ad ogni uomo e donna attraverso la formazione militare.
Il 6 novembre 1977 fu stabilito il primo Comitato rivoluzionario (CR) a Tripoli; la funzione di questi nuovi strumenti politici era già stata annunciata il 25 maggio dell’anno prima (14). Essi segnarono un’ulteriore evoluzione del sistema politico. Su suggerimento di Gheddafi, CR sorsero in uffici, scuole, aziende e nelle Forze armate. Accuratamente selezionati, furono stimati già nel 1985 di contare fra i tre e i quattromila attivisti.
Tali gruppi apparentemente spontanei - che ricordavano le hong wei bing cinesi (guardie rosse) - costituiti da zelanti cittadini, perlopiù giovani con modesta istruzione, operarono come i cani da guardia del regime, e guide per CP e CdP.

Il loro compito era di sensibilizzare l’opinione pubblica, per impedire la deviazione ideologica, e combattere il tribalismo, il regionalismo, l’insicurezza, l’apatia, i modi di fare reazionari, il pensiero straniero e controrivoluzionario.
La formazione dei CR era l’effetto dell’impazienza di Gheddafi di procedere con la rivoluzione, la sua ossessione per il raggiungimento della democrazia popolare diretta e la sua antipatia nei confronti della burocrazia.
L’introduzione dei CR aggiungeva ancora un ulteriore tassello al sistema politico istituzionale, moltiplicando la complessità. Pure i CR inviavano delegati al Parlamento. Sotto il comando diretto di Gheddafi e con il suo appoggio, diventarono così potenti che spesso intimidivano altri delegati del Parlamento.

Note

(1) Cfr. di Ali Reza Jalali, Che cosa vuol dire Repubblica Islamica?, in “Eurasia”, Rivista di Studi Geopolitici, Parma Vol. XXVI, N. 2/2012, A. IX, pp. 117-123.
(2) Per i tre volumi del Libro Verde - I: La soluzione del problema della democrazia; II: La soluzione del problema economico; III: Le basi sociali della Terza Teoria Universale, cfr. M. Al Gathafi, The Green Book, Ithaca Press, Reading (UK) 2005.
(3) Moammar El Gheddafi, Il Libro Verde. Prima parte - La soluzione del problema della democrazia ‘Il potere del popolo’, Mursia-Shallouf, Edizione bilingue italiano-arabo, Milano, 1977, pp. 20-21, 23.
(4) Nella primavera del 1971 il SID sventava un’iniziativa di esuli libici, organizzata all’estero con il concorso del Servizio britannico e con base logistica a Trieste, tendente a sovvertire il regime di Gheddafi, nota come “Operazione Hilton”.
(5) In Francesco Tamburini, Maurizio Vernassa, I Paesi del Grande Maghreb. Storia, Istituzioni e geo-politica di una identità nazionale, Plus, Pisa 2010, p. 122.
(6) In merito a questa contrastata data (alcuni studiosi dico 15 altri 16 aprile), di cui si sa - per certo - che è l’anniversario della morte del Profeta, ho preferito calcolare manualmente la data nel calendario gregoriano. Il primo giorno del 1973 corrispondente al principio d’anno islamico è il 4 febbraio. Siccome il Profeta è defunto il 13 Rabi I, 11° Anno dell’Ègira, dal 4 febbraio vanno sovrapposti 30 giorni di Muharram (1° mese), 29 di Safar (2° mese) e, appunto, 13 di Rabî‘ al-awwal (3° mese), ed il computo ci dà il 16 aprile 1973, ossia il 13 Rabî‘ al-awwal 1393 A.È.
(7) John K. Colley, Muammar Gheddafi e la rivoluzione libica, Editoriale Corno, Milano 1983, pp. 183, 186, 188, 191, 196-197.In merito alla questione del PIL, cfr. http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_African_countries_by_GDP_%28nominae%29
(8) Dirk Vandewalle, A History of Modern Libya, Cambridge University Press, Cambridge 2006, p. XVIII.
(9) La parola araba Jamâhîriyya significa Stato, costituito da tutti i cittadini, e da loro governato senza distinzioni di razza, lingua o credo religioso.
(10) Assieme ai regimi di Afghanistan, Algeria, Angola, Benin (dal 30 novembre 1975, ex Dahomey), Birmania (dal 18 giugno 1989: Myanmar), RP del Congo (Brazzaville), Etiopia, Guinea, Guinea-Bissau, Iraq, Madagascar, Mozambico, Siria, Tanzania, RDP dello Yemen (nord, fusasi il 22 maggio 1990 nella RA dello Yemen, sud, costituendo la Repubblica dello Yemen). A questo riguardo, cfr. G. Starouchenko, Stratégie de développement des pays Africains, in Tendances du développement des systèmes politiques, in “Problèmes du monde contemporain”, Moscou, LXIII (1979), p. 108.
(11) “Calendario Atlante”, LXXVII (1981), De Agostini, Novara, p. 467.
(12) Ivi, LXXV (1979), p. 69-71.
(13) Avvenne il 19 novembre 1977: totalmente verde, quale simbolo dell’Islâm. Nel 1947, quando l’emiro dei Senussi fu riconosciuto dal Foreign Office come capo della Cirenaica, la regione usò la bandiera nera con mezzaluna e stella bianche, e fu modificata nel 1950 con l’aggiunta, sui margini orizzontali superiore e inferiore, di una striscia rossa e di una verde, simboleggianti il Fezzan e la Tripolitania. Nel dicembre 1969 fu adottata una sul modello della bandiera della liberazione araba (comparsa per la prima volta in Egitto dopo il rovesciamento della dinastia albanese degli ‘Alîdi nel 1952-53): strisce orizzontali rossa, bianca e nera dall’alto in basso. Dal 1° gennaio 1972 fu innalzata la bandiera della Federazione delle Repubbliche Arabe (Egitto, Libia e Siria) che si differenziava per il falco dei Quraysh (la tribù a cui apparteneva il Profeta), e il nastro con scritto in arabo Federazione delle Repubbliche Arabe, e sotto il nome della Libia.

(14) Vandewalle, cit., pp. xix-xx.

Commenti